Gli spazi naturali

Il biviere

Posto sulla fertile pianura che corre da Lentini a Scordia, e separato dalla Piana di Catania da un contrafforte di rocce arenarie, per secoli il Biviere é stato il più esteso bacino lacustre delIa Sicilia, grazie al suo perimetro di oltre 20 chilometri e ad una superficie di 1200 ettari. Alla metà del XIII secolo erano stati gli Svevi a chiuderlo con uno sbarramento, per introdurre l'allevamento del pesce: per lungo tempo la pesca fu esercitata con barchette attrezzate di "sciabbica" e "rizzagghiu ", finché nel XVIII secolo venne introdotto il sistema "a caduta d'acqua", un congegno di canali e differenti altezze dove cefali, anguille e tinche venivano trasportati dalla corrente fino alla pescaia dove erano prelevati per la salagione o la vendita. A quella data il lago apparteneva alla nobile famiglia palermitana dei Lanza di Trabia, ma agli inizi del XX secolo fu assegnato come dote alla principessa Sofia, figlia di Pietro Lanza di Trabia e di Giulia Florio, sposatasi con l'aristocratico romano Giangiacomo Borghese. Nel corso dell'ottocento, per le sue acque basse e stagnanti, il Biviere si era trasformato in una vasta palude acquitrinosa, fòmite micidiale di malaria che decimava gli abitanti di Lentini, Carlentini, Francofonte e Scordia. In quanto componente "naturale" del territorio, occorreva bonificarlo. L'idea poté essere rilanciata in coincidenza con la nascita dell'industria elettrica e con la speranza di utilizzare il "carbone bianco" come volano per lo sviluppo economico del Mezzogiorno. L'intuizione originaria era stata di Francesco Saverio Nitti, ma dopo la prima guerra mondiale i progressi registrati nel trasporto a distanza dell'energia ad alta tensione spinsero le imprese elettriche a progettare la costruzione di grandi bacini idroelettrici per produrre forza motrice ed impiantare l'agricoltura irrigua in alcuni comprensori meridionali (Agro pontino, Valle del Sele, Tavoliere di Puglia, pianure calabre, Sardegna meridionale, piana di Catania). Col patrocinio finanziario della Banca Commerciale Italiana e della Società Generale Elettrica della Sicilia, l'ingegnere Angelo Omodeo elaborò nel 1919 un completo piano elettro-irriguo che prevedeva la trasformazione dell'antico Biviere in un grande lago artificiale per irrigare i pantani di Lentini e di Celsari (3 mila ettari) e la zona sud della piana di Catania (7 mila ettari); altri 10 mila ettari avrebbero ricevuto l'acqua da un secondo impianto idroelettrico sul Salso-Simeto, così da realizzare la trasformazione fondiaria della più fertile ed estesa pianura della Sicilia. Il gruppo elettro-finanziario poteva contare su appoggi determinanti, tanto sul versante politico (Il Ministro dei Lavori pubblici, Gabriello Carnazza), quanto su quello della burocrazia statale (i direttori generali Carlo Petrocchi e Meuccio Ruini, esponenti della tecnocrazia riformista nittiana), nonchè su una legislazione d'avanguardia (il testo unico delle bonifiche e la legge sulle trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, 1923-24) che prevedeva l'esproprio dei terreni per la proprietà assenteista che avesse voluto ritardare l'esecuzione della opere. L'ipotesi "mordenizzatrice" del progetto Omodeo appare anche oggi di una lucidità straordinaria: il latifondo siciliano poteva essere sconfitto non tanto con le logore ricette "ruraliste" (sgravi fiscali, modifica dei contratti agrari, piccola proprietà, secondo le proposte dei meridionalisti classici, come Fortunato, Sonnino e Salvemini), quanto con una pianificazione territoriale centrata sulle infrastrutture (viabilità ed elettrificazione) e sulla "rivoluzione dell'acqua" (bonifica idraulica ed agraria). Obiettivo principale era quello di valorizzare l'agricoltura "ricca" delle colture arboree, in primo luogo gli agrumeti che si stavano espandendo a raggiera nelle aree della piana etnea servite dall'irrigazione. Da zona paludosa e fonte di malaria il vecchio lago di Lentini avrebbe dovuto ricostituirsi con un più alto tirante d'acqua e diventare la maggiore riserva idrica della Sicilia, per produrre energia e placare la "grande sete" delle campagne isolane. Contro il progetto elettro-irriguo di Omodeo e della SGES, tuttavia, si coalizzarono gli interessi della grande proprietà terriera, che intuirono il pericolo di un esproprio generalizzato dei latifondi e di uno sviluppo agro-industriale del Mezzogiorno che avrebbe sottratto loro la secolare egemonia sulle classi sociali subalterne. La costituzione nel 1925 del Comitato promotore dei Consorzi di bonifica dell'Italia meridionale (diretto da Ferdinando Rocco) rappresentò una potente lobby politica, in grado di modificare la legislazione sulla bonifica, eliminando la causa dell'esproprio, e di bloccare l'attuazione degli impianti idroelettrici. I tecnici nittiani e riformisti uscivano sconfitti, il fascismo sceglieva l'opzione filo-proprietaria, riconsegnando agli agrari del sud il controllo sociale delle campagne. A Lentini tornavano così sulla scena il vecchio senatore Luigi Beneventano e il principe Giangiacomo Borghese: il primo esercitava le consuete funzioni di notabile proponendo il prosciugamento totale del Biviere, per restituire alla cerealicultura i 1200 ettari dei "campi leontini"; il secondo, come legittimo proprietario del lago proponeva di prosciugarne una parte e di realizzare un serbatoio d'irrigazione più piccolo. Di fatto il consorzio di bonifica si arenò fra sterili polemiche e per mancanza di finanziamenti, e solo nel 1952 il Biviere poté essere prosciugato, per iniziativa della cassa del mezzogiorno. Prevalse così la linea "ruralista", di semplice recupero agrario del suolo prosciugato, e fu sicuramente un errore di prospettiva. Negli anni '80 la stessa CASMEZ doveva tornare sui suoi passi e riprendere il progetto Omodeo per realizzare un grande lago artificiale capace di fornire acqua sia al polo industriale di Siracusa, sia agli agrumeti della piana di Catania. Alla fine del XX secolo, dunque, il Biviere si prende una clamorosa rivincita sulla storia e torna protagonista di un nuovo ecosistema ambientale. Naturalmente da progettare e realizzare: un'imponente opera pubblica da sola non crea il paesaggio ma stimola le attività agro-turistiche collegate al binomio acqua-verde. Alle soglie del terzo millennio il Biviere va perciò ripensato come bene paesaggistico e culturale, come una risorsa del passato che serve a costruire il futuro.

Giuseppe Barone

 

brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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