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L'attesa della nascita di nuove classi dirigenti

Fare i conti con il problema delle classi dirigenti a Lentini può portarci nel vivo di una riflessione complessiva sulla storia e sulle prospettive della nostra piccola società. Ne vale la pena in un momento di rapide trasformazioni che investono contemporaneamente le istituzioni e la politica, come anche la società, la cultura, la mentalità. Classi dirigenti significa non solo amministrazione e guida di una società, ma anche modalità di confronto tra una società locale e il più vasto mondo, mediazione, capacità di avvertire sollecitazioni. Non è difficile cogliere l'importanza strategica di un simile ruolo in una società che allarga e dilata continuamente le sue reti di comunicazione (ciò che viene chiamato globalizzazione). Ma in taluni casi proprio in virtù di queste dilatazioni si rischia lo smarrimento, si è pertanto esposti a tentazioni di chiusura, localismo, municipalismo, o peggio: xenofobia, razzismo, intolleranza verso la diversità.

La nostra comunità non dovrebbe certo avere tendenza alla conservazione e al localismo, caratterizzata com'è da una tradizione commerciale giocata su scala nazionale e internazionale. Tra i tanti aspetti della identità lentinese, questo è certamente da valorizzare, specialmente davanti alle trasformazioni indotte dalla crisi del settore agrumicolo. Avverrà una mutazione radicale del nostro mondo? Questo non possiamo saperlo fin da ora, ma certo è che non si può contrapporre un dinamismo che proviene dall'esterno a una staticità interna alla nostra società locale: le due dimensioni si intrecciano e si influenzano a più livelli e continuamente. Ciò vale anche per il passato, e fatte le debite proporzioni questa permeabilità ha influenzato la formazione e la selezione della classe dirigente locale nei diversi contesti sociali e culturali. Non solo, ciò ha comportato anche una certa consonanza della nostra classe dirigente locale con la dimensione nazionale di essa; ovvero la nostra vita civile e morale non si è svolta nell'isolamento che talvolta si attribuisce ai paesi meridionali.

Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento il problema fu quello di reagire agli effetti di una crisi economica che aveva scombussolato l'assetto produttivo della nostra società, allora nacque la Lentini esportatrice di agrumi. In seguito la frontiera, per così dire, fu rappresentata dalla conquista della cittadinanza politica e sociale per vasti strati di esclusi: i contadini, i bràccianti, le donne. Si è trattato di una fase lunghissima, i cui frutti si sono consolidati in tempi relativamente recenti. Protagonisti di questa fase "inclusiva", di questo allargamento della cittadinanza nell'Italia repubblicana sono stati i partiti politici, con un doppio ruolo: quello di assicurare maggiore partecipazione e quello di selezionare classe dirigente. Inoltre, la struttura nazionale dei più importanti partiti ha fatto sì che non si corresse il rischio del localismo. All'interno di queste strutture la vita democratica veniva organizzata, conosceva le prime regole, assumeva un linguaggio, dei modi di comportamento civili, ovvero riconosceva il conflitto di interessi senza pretendere di abolirlo, ma lo regolamentava espungendone gli aspetti violenti.

La crisi di questo sistema ha creato un grande vuoto; bisogna ricordare che la crisi è stata provocata dalla sclerotizzazione degli stessi partiti, dallo strapotere degli apparati che bloccavano ogni processo di rinnovamento dei gruppi dirigenti alloro interno e al vertice delle istituzioni. Ma ciò che è paradossale è la capacità di resistenza di questi apparati anche dopo la crisi del vecchio sistema politico: il personale dirigente dei vecchi partiti è l'unica cosa che ci è rimasta, talvolta a ingombro di un processo di rinnovamento. Il problema è proprio questo: come fa una politica vecchia, addirittura mutilata nei suoi strumenti più classici e ormai fatiscenti (i partiti), e tuttavia ancora resistente, a esprimere il nuovo? E, però, una nuova classe dirigente non potrà che venir fuori dalla politica, e questo in particolare in un paese che voglia continuare a dirsi democratico. La scuola, gli ambiti in cui si organizza e si trasmette il sapere, non sono immediatamente addetti a questi compiti; devono invece creare le precondizioni per un processo nuovo, fornendo più opportunità di istruzione e quindi di partecipazione consapevole dei cittadini. Stimolare la partecipazione, individuare i temi su cui crescere insieme, è compito specifico di chi fa cultura: questa rassegna delle risorse culturali e ambientali che stanno attorno a noi vuol essere un tentativo insieme ad altri di contribuire a mettere in moto un circuito virtuoso che appassioni alla partecipazione consapevole, civile e democratica.

Rosario Mangiameli (Universita' di Catania)

 
brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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