Lo spazio sociale quotidiano

La piazza, le piazze

In antico la piazza era l'agorà. E l'agorà era la piazza. Era cioè lo spazio fisico su cui insistevano le costruzioni più importanti della città - i templi, gli edifici pubblici, le dimore dei potenti -, e in cui si svolgevano i riti della vita collettiva, dalla trattazione degli affari pubblici e privati a quel momento della socializzazione generalizzata che si identificava coll'amabile discutere in gruppi mentre calavano le ombre della sera e le prime luminarie allontanavano la notte delle solitudini singole. E in cui si coglieva il connotato specifico di ogni comunità. Da noi, a Lentini, la piazza era dei padroni, dei braccianti e degli "operai", muratori per lo più, era cioè dei protagonisti della vita sociale. Ed era piazza di soli uomini, perché lo spazio delle donne era il focolare, la casa, la strada, il quartiere.

E la piazza non era, e per fortuna ancora non è, la piazza tal dei tali. Era la piazza e basta. "Vado in piazza" non significava e non significa "vado in piazza tal dei tali", significa vado lì, in quello spazio sbilenco segnato dalla chiesa barocca amputata della sua appendice naturale che era il vecchio convento distrutto nel ventennio, dal municipio sempre uguale a se stesso e da quel muro sbrecciato da cui per anni, prima e dopo il fascismo, partirono le cariche di carabinieri e polizia contro gli incorreggibili lavoratori lentinesi.

Le altre piazze, le antiche e le nuove, hanno accompagnato la storia ultima della città. E se ne son fatta metafora anch'esse. Le antiche relegate a testimoni dell'abbandono di quanto c'è di antico in questa nostra Lentini, le nuove slarghi casuali solo casualmente destinatari di un'attenzione che dia loro il ruolo di luogo d'incontro.

Piazza Bellini, appena dietro la "piazza", era mercato naturale del quartiere San Paolo, quando questo quartiere, ora quasi deserto, era pieno di gente. E del quartiere di Sopra Fiera, nato senza piazze. Era anch'essa, nell'immaginario lentinese, la "piazza", estensione dell'altra e sua appendice in quanto mercato di frutta e verdure, luogo della pescheria, dei pizzicagnoli, dei macellai. Si trovano lì i "larunchi", o le "tenchie" del Biviere. O i mucchi di vavaluci, o di 'ntuppateddi dopo le piogge. O i mucchi di cicoria amarostica. Oggi tutto non c'è più, ad essa è rimasta luogo maleodorante pieno di inutilizzati posti vendita, spazio negato ad usi nuovi che la realtà nuova della città disperatamente invoca.

Piazza Dante si anima solo dei cortei funebri che vi passano, o della processione del Venerdì santo, o delle messe domenicali nella splendida chiesa che la domina, ma vive la perenne tristezza del Palazzo Beneventano abbandonato a se stesso.

Piazza Oberdan conosce il suo momento di gloria una volta all'anno, per Sant'Alfio, quando diventa il luogo dell' arco trionfale e delle giostre, e viene sommersa dal tanfo delle fritture; poi piomba in quello che l'hanno fatta diventare, luogo di transito e ammasso informe di cordoli cementizi. Coi suoi alberi senza più chiome. Pure su di essa incombe il Tirone, e da essa si diparte la valle della nostra storia antica, e la domina la bella scalinata con in cima la piazzetta Alemagna, con la chiesetta sconsacrata di Santa Maria La Cava, cuore dei nostri culti. Per noi però è soltanto Santamaravecchia.

Guido Rossa, morto per difendere la democrazia dal terrorismo, è sempre più solo e sommerso dai rami nella piazza che gli fu dedicata dove prima era il carcere, e sembrò bello che Lentini democratica sostituisse al carcere, che evoca sopraffazione e sofferenza, il valore civile del sacrificio per la dignità di tutti. Gli alberi e i fiori invece delle celle e dei muri. I morti delle piazze sono anche simboli, che parlano pure quando sembrano stare zitti.

Piazza dei Sofisti è solo uno slargo quadrato. Piazza della Resistenza viene animata dai giovani delle scuole vicine, ma nessuno sembra attratto da quel tizio sul piedistallo che si torce impugnando una pistola. Ammesso che ancora qualcuno parli di Resistenza, certo nessuno potrebbe in quel gesto e in quella pistola riconoscere i valori alti per i quali la Resistenza eroicamente nacque e dolorosamente vinse.

Piazza del popolo è uno snodo di vie; Piazzale Michelangelo, se ancora c'è, è solo idea scritta in una targa Per fortuna a Piazza Taormina giocano i bambini sotto i muraglioni sempre vecchi della Villa Gorgia.

Alfio Siracusano

 

brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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