Tradizioni, artigianato, credenze popolari

Malattie e rimedi

La cura delle malattie presso i nostri antenati è un capitolo molto importante all'interno di una visione del mondo, in cui religione, magia, ciarlataneria, ignoranza e farmacopea naturale si mescolavano senza soluzione di continuità. Per questo, accanto a rimedi che avevano un qualche riscontro di carattere scientifico, se ne trovano altri in cui sarebbe difficile trovare una qualche giustificazione, se non nella credulità popolare che fin dai tempi più antichi ha fatto aggio su tutto il resto. E tuttavia conservare la memoria di tutte queste pratiche è importante, perché ci immettono in un mondo, nel quale per anni, anzi per secoli, ci si è curati e si è sopravvissuti senza le medicine di oggi, forse in forza di autosuggestione o forse perché, chissà, questi rimedi funzionavano.

Mal di gola: si faceva ricorso all'aiuto del santo che tradizionalmente era preposto alle malattie dell'apparato respiratorio, San Biagio. A tal uopo, sulla testata del letto dei bambini, si mettevano delle ciambelline benedette il giorno della festività di San Biagio, il 3 febbraio (cuddureddi di Santu Brasi). Quando il mal di gola era in fase acuta, le ciambelline si ponevano sul collo, a stretto contatto del male.

Brutta: si tratta di un fungo che cresce nella bocca dei lattanti (mughetto). Si curava strofinando con una pezzuola sulle mucose del limone, rigorosamente di sera, mentre la vecchia di turno recitava delle giaculatorie imparate la notte di Natale, pena l'inefficacia dell'intervento.

Vermi (Ossiuri): una vecchia passava sulle tempie e sull'ombelico del bambino affetto da questi parassiti una pezzuola intrisa di petrolio, che poi veniva fatto odorare al bambino. La recita di giaculatorie imparate la notte di Natale facevano scinniri (scendere) i vermi che venivano facilmente espulsi.

Pirretta (Porri): per curare questa fastidiosa malattia, il rimedio popolare era quello di prendere ruppa (nodi, groppi) di paglia e gettarli in un luogo da cui la persona affetta non doveva passare. Il rimedio era efficace solo se la persona in questione non conosceva il luogo del deposito. Non appena la paglia andava in putrefazione, i ruppa si scioglievano e contemporaneamente i porri sparivano dalle mani.

Otite: per il mal d'orecchi, i rimedi erano fondamentalmente due, il nervo di volpe e l'olio di topo. Nel primo caso, si prendeva il nervo secco di una volpe, si accendeva e si avvicinava all'orecchio dolorante per farvi entrare i fumi. Oppure si introduceva nell'orecchio qualche goccia di olio nel quale si erano fatti sciogliere dei topini appena nati.

Ferite ulcerose: rimedio infallibile l'ebba janca (assenzio), raccolta, però, all'interno di una grotta, dove non era stata bagnata dalla rugiada, altrimenti non avrebbe fatto effetto. Si usava come empiastro, dopo averla pestata.

Dolori reumatici: si massaggiava la parte dolorante con l'ogghiu appericu, un unguento ottenuto dalla macerazione per quaranta giorni in olio della pianta dell'iperico.

Risipala, eresipola: si passava sulla pelle la propria urina.

Insolazione: si metteva un bicchiere pieno d'acqua e coperto da una pezzuola, capovolto, sulla testa dell'insolato. Se salivano delle bollicine, significava che l'operazione era riuscita.

Calvizie: per curare questo inestetismo, si faceva ricorso a del peperoncino rosso. Questo veniva ridotto in poltiglia e poi spalmato sul cuoio capelluto, nella speranza che il calore sprigionato dal peperoncino servisse a rimettere in funzione i bulbi piliferi.

Infiammazioni esterne: un pesto di cipolla cruda veniva messo sulla parte arrossata.

Intossicazione-pressione alta: si interveniva con le sagnette (sanguisughe), che venivano poste sulle spalle o dietro l'orecchio del malato, per succhiare il sangue.

Pilu caninu: i bambini appena nati hanno spesso una peluria lanuginosa che il più delle volte col tempo scompare. Quando questo non accadeva, si faceva ricorso ad impacchi di olio di mandorle, che veniva semplicemente estratto pestando delle mandorle e distribuito sul viso mediante un batuffolo di cotone.

Cirino Gula

brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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