Le feste
 
IL Natale
 
Per la cristianità le settimane che precedono il Natale costituiscono "l'avvento": tempo di avvento = tempo di attesa.
Anche a Lentini sino a qualche tempo fa si viveva questa attesa con un sentimento di gioia raccolta e trepida: non è facile tornare indietro nel tempo; rivivere con la memoria certi aspetti della vita; ricollocare, riordinare, riscoprire frammenti di giovinezza che sono stati soffocati dai problemi e dalle ansie dei giorni presenti.
In paese fuori nell'aria si diffondeva quel dolce suono di cornamuse che stringeva il cuore; nelle strade dinanzi alle edicole votive, davanti a quelle delicate rappresentazioni, che ancora oggi usiamo chiamare "novena" improvvisate orchestrine davano vita ad originali concerti natalizi.
Più si avvicinava il giorno di Natale, più l'atmosfera si surriscaldava: c'era da preparare la "cena", venivano mobilitate tutte le donne della famiglia, era un affannarsi a recuperare vecchie e nascoste ricette per la preparazione dei dolci da fare in casa, visto che il panettone doveva ancora essere inventato dal panettiere Motta.
Arrivata la sera del 24 si preparava la grande tavola con una emozione sempre nuova; si stendeva la tovaglia più bella del corredo della mamma, rimossa per l'occasione dalla cassapanca contenente le cose più delicate; si apparecchiava con le posate ed il servizio di bicchieri delle grandi giornate.
Ed ecco che si dava inizio al grande rito del "cenone", che richiedeva una serie di portate, che mai sarebbero dovute mancare: il numero e la varietà delle pietanze potrebbe far pensare ad un banchetto pantagruelico, che (specie per i più anziani) avrebbe spedito chiunque al Creatore con un biglietto di solo andata. Ma erano solo degli assaggi che consentivano di gustare, nell'arco temporale di una sola sera, tutti i sapori dei nostri cibi più tradizionali.
Aprivano il gran "menu" " a liatina" con "alivi niuri e a puddascedda"; le fettine di "pennule" o soppressate di maiale approntate a mano dal macellaio di fiducia, accompagnate da sostanziose fette di pane, ritagliate per tutti dall'enorme "vastedda" di Lentini, confezionata in casa con farina di grano duro.
Seguiva come piatto forte il "cudduruni" nelle sue molteplici varietà di ripieno, che anticipava l'atteso arrivo della "faccia di vecchia".
Poi, senza un attimo di respiro, arrivava l'esplosione dei secondi e relativi contorni:"u baccalaru a ghiotta" e quello a frittelle ed in umido; l"arenga affumicata"; "angiovi"; "anciddi ddo Buveri"; i "bastardi" bolliti e fritti in pastetta; i broccoli neri "affucati"; a "sinapa ugliuta"; i "cacoccili" bolliti ed arrostiti alla brace;la salsiccia al sugo o fritta in padella con una spruzzatina di vino bianco.
Il tutto annaffiato dal buon vino della botte, servito nelle capaci brocche di ceramica di Caltagirone. Per frutta finocchi e mandarini; per dolce torrone di mandorla e di "cicilena" e per finire il buon rosoho di mandarino.
Avvicinandosi la mezzanotte un lontano suono di campane cominciava a rompere l'atmosfera casalinga di quella lunga notte di dicembre per richiamarci ad un dovere più grande: la Santa Messa, un rito a cui non si poteva e non si doveva mancare.
A Messa dunque, incamminandoci infreddoliti sotto un cielo trapunto di stelle; a Messa dunque nella Chiesa parrocchiale, ove già si espande quell'odore di incenso e di candele. Ed il vangelo di Luca ci offre lo scenario di quella notte Santa: la stalla, la mangiatoia, i pastori, le stelle, la cometa attorno a quel bambino avvolto in fasce, mentre l'angelo dell'esercito celeste canta a gran voce: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama".
Giuseppe La Pira
brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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