Ancora non è inutile, a più di
trent'anni dalla sua scomparsa, ri-parlare di Carlo Lo Presti
(1922-1968). Non solo per ricordare l'uomo, le sue opere, il suo
impegno, ma anche perché il suo esempio di artista e intellettuale al
servizio di un progetto culturale è sempre di freschissima attualità.
Mentre cerchi di dare ordine alle mille cose che di lui vorresti dire,
non puoi sfuggire al ricordo del suo sorriso ironico e bonario, velato
di quella malinconia che ci pare sempre di aver notato nel sorriso di
chi è morto giovane. Ti ricordi il suo portamento elegante e i suoi modi
gentili, la grande attenzione che prestava a poeti umilissimi, ad
aspiranti attori, a chi scriveva qualcosa e cercava un giudizio
competente. Ti viene in mente la sua Rosina, che ancora parla di lui
come se fosse vivo, seduto alla scrivania nell'altra stanza; che parla
del loro incontro tra ventenni sulle tavole di un palcoscenico, lei
attrice e lui regista, come se fosse avvenuto l'altro ieri. Dalla
signora Rosina bisogna andare ogni tanto a farsi ri-contare i cento
aneddoti, i mille piccoli e grandi sacrifici, le diecimila delusioni e
amarezze subite da loro due, utili anche a ricordare come è stata e come
sarà sempre dura per chi vuole fare qualcosa di nuovo e di diverso nella
propria città. Ma anche le impagabili soddisfazioni, i momenti
esaltanti, le gioie più profonde per le cose realizzate; una storia
d'amore, d'amicizia, di lavoro in comune ineguagliabile; interminate
nottate a parlare del presente e del futuro del teatro con gli amici di
sempre, Lydia Alfonsi, Turi Ferro e Ida Carrara, Renzino Barbera, Pino
Caruso, Massimo Mollica. Bisogna andarci, ogni tanto per ri-caricarsi di
buoni motivi, per non arrendersi, per continuare, con testardaggine e
allegria, anche noi, modestissimi discepoli di un maestro inarrivabile.
Ed anche per comprendere perché a tutt'oggi chi conobbe da vicino Carlo
Lo Presti ne parla ancora con affetto e commozione. Ti vengono in mente
le parole che scrisse per lui Mario Gori: "... siamo tanti per portare
un vano fiore al suo tramonto in un giorno di primavera. Tanti, ma lui
resta il migliore, resta il più affettuoso, capace di altruismi
impensabili, di generosità cristalline. Tanti e siamo poveri di cuore e
di parole di fronte al suo silenzio che ci invita, tanti e poveri di
fronte alla luminosa bontà che sa darci ancora l'ultimo convitato di
pietra di questo calvario delle nostre paure dissennate. Non poteva
andare lontano, l'amore l'ha tenuto fermo in questo cielo, in
quest'aria, in questa terra di zagara e di dolore, di sole e di
angosce...". L'amore l'ha tenuto fermo in questo cielo, in quest'aria,
in questa terra di zagara... Anche in vita l'amore, l'amore per la sua
città, lo tenne fermo nella sua terra di zagara. Dedicò tutto se stesso
a un sogno: fare della sua città una piccola capitale della cultura, del
teatro, della poesia. Avrebbe potuto andare via. Forse avrebbe dovuto.
Per conoscere, per farsi conoscere, per cogliere i successi che il suo
talento gli avrebbe garantito. Invece rimase sempre nella sua Lentini,
Era moto sobrio nel giudicare se stesso, ma sapeva che perché la su
città diventasse importante nessuna risorsa doveva esserle sottratta.
Lentini in quegli anni importante lo era. Ma per altri aspetti. Erano
gli anni del grande risveglio, dopo la lunga notte della guerra. Il
movimento sindacale e bracciantile avviò battaglie memorabili, che non
riguardavano solo i salari; ebbe larga eco in tutta Italia lo "sciopero
a rovescio", il lavoro abusivo nelle terre incolte di quel che rimaneva
dei grandi feudi; erano i tempi della riforma agraria e della nascita di
una miriade di piccolissime aziende agricole, del prosciugamento del
Biviere e dell'assegnazione delle terre bonificate agli ex pescatori;
L'arancia era frutto pregiatissimo e chi possedeva due tumuli d'agrumeto
era quasi benestante. Lentini era centro di produzione ed esportazione
tra i primi d'Italia e la sua "stazione", la zona commerciale, pullulava
come di un alveare. Per la zappatura e la raccolta delle arance
giungevano da ogni parte della Sicilia orientale centinaia di
braccianti, molti dei quali rimasero per sempre, contribuendo a renderla
ancora più varia e vivace sotto il profilo economico e sociale. Insomma
era il tempo in cui nasceva la Lentini contemporanea. Lo Presti ebbe il
grande merito di intuire, assieme ad un gruppetto di altri giovani
intellettuali, che una comunità moderna non può essere costruita solo
sul benessere economico. c'era bisogno anche d'altro, di cultura, di
arte, di sogni, di poesia. C'era bisogno di recuperare un'identità
appannata, se non addirittura smarrita. Bisognava trovare le tracce, i
segni, le pietre e le parole del passato di cui siamo fatti, ri-sentirsi
figli di Gorgia, Iacopo, Riccardo. C'era bisogno di anima. Nacque per
questo nel '47 il Centro Studi Notaro Jacopo, che fu subito luogo di
studi e di ricerche, riflessioni e dibattiti e di mille attività
frenetiche, appassionanti, a volte anche distanti tra loro: convegni,
conferenze, rappresentazioni teatrali, studi di storia patria, dibattiti
politici, esposizioni d'arte visiva, poesia. Per dieci anni il Centro
Studi fu l'anima e il motore della cultura di Lentini. Tra l'altro anche
sede di un a Biblioteca Popolare, istituita dalla soprintendenza alle
Biblioteche per la Sicilia Orientale. Lo Presti era innanzi tutto uomo
di teatro: autore, regista, attore, critico e storico. Il suo "SICILIA
TEATRO, pubblicato postumo dalla moglie, è una pietra miliare per la
conoscenza delle vicende, dei protagonisti, delle glorie e delle
difficoltà del teatro siciliano. Fu premiato con la Medaglia d'oro alla
memoria a Vizzini, il 31 gennaio del 1970. Da uomo di teatro diede il
suo primo importante contributo al Centro Studi e alla città con
un'attività intensissima, officina d'arte e formidabile palestra per
giovani attori non solo lentinesi. Fondò e diresse il Teatro
Sperimentale del Centro Studi che poi prese il nome di Piccolo teatro
del Sud. Per esso scrisse una ventina di commedie, che per il loro
valore entrarono ben presto in cartelloni importanti, come quelli del
teatro Stabile di Catania e nel repertori odi Turi ferro e Ida Carrara,
di Michele Abruzzo e Mario Piazza, di Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci.
Tra i registi delle sue opere anche un ancora giovanissimo Andrea
Camilleri. Tra gli scenografi perfino Renato Guttuso e Santo marino.
Molte commedie hanno un posto di rilievo nel panorama teatrale italiano:
Referendum, Attesa sulla riva del fiume, Alluvione, Democratici di
provincia, Pensione 23, Quello della prima fila, Cose turche!, Sicilia
la nuit, ecc. I temi che più gli stavano a cuore ed affrontava con
mirabile efficacia erano il modificarsi dei costumi, i nuovi rapporti
tra genitori e figli, la speranza di una società nuova in cui i
sentimenti, l'amore e l'amicizia prendessero il posto dei pregiudizi,
degli egoismi individuali e di classe. Grande apprezzamento ebbe la sua
traduzione e riduzione della Medea di Seneca. Di straordinaria forza una
versione dell'Encomio di Elena di Gorgia, più volte mirabilmente
interpretata da Lydia Alfonsi, di cui divenne un cavallo di battaglia. E
teatrali erano anche le sue straordinarie caricature. Un talento innato
e non comune gli faceva cogliere gli aspetti più significativi e spesso
non visibili ad altri, degli amici più cari e dei personaggi pubblici
della città. La sua "galleria" meriterebbe di essere pubblicata non solo
per il valore artistico, ma anche come documento storico. A vederla oggi
si direbbe che Lo Presti abbia voluto fotografare i protagonisti di
un'epoca utilizzando la tecnica della caricatura per metterne in luce i
caratteri, i tic, le umane debolezze. E di nuovo vengono fuori tutta
l'ironia e la bonarietà del personaggio, stavolta nel modo in cui
"tratta" i suoi soggetti. Così come emergono la sua vera, profonda
natura di giornalista (un'altra sua grande passione che gli procurò
cospicui riconoscimenti) e il costante desiderio di documentare ogni
istante e ogni aspetto della vista della sua città. Ma tutto questo, se
gli permetteva di esprimere al meglio le sue qualità artistiche, non era
tutto ciò che lui cercava. Fu tra i protagonisti, assieme agli altri del
Centro Studi, tra cui spiccavano per competenza, passione e carattere i
vari Alfio Sgalambro, Carlo Cicero, Mario Ciancio, di una incisiva e
coinvolgente iniziativa, durata anni, per ottenere che si avviasse una
campagna di scavi per portare alla luce i resti di Leontinoi. Furono
loro, studenti e giovani professionisti, studiosi di archeologia per
diletto e per amore della loro città, ad individuare esattamente con
geniale intuizione, il sito di Leontinoi e una grandissima quantità di
reperti, risultò relativamente facile ottenere l'apertura del Museo
Archeologico. Nel 1957 l'Amministrazione Comunale costituì la Biblioteca
Civica "Riccardo da Lentini" e ne affidò la gestione ad un Consiglio di
Amministrazione autonomo, in gran parte composto da dirigenti del Centro
Studi. A Carlo Lo Presti fu affidato l'incarico di direttore. Fra le
manifestazioni programmate e realizzate dal Consiglio di Amministrazione
della Biblioteca, rimane indimenticabile, per lo straordinario successo
ottenuto in tutti gli ambienti culturali italiani e per la quantità e
qualità dei partecipanti, il PREMIO LENTINI di Poesia (Premio Jacopo da
Lentini), Teatro (Premio Rosso di San Secondo), Giornalismo (Premio
Città di Lentini) e Sicilianità (Premio Gorgia), di cui Lo presti fu
segretario, che aveva cadenza biennale. Per farsi un'idea del prestigio
e del valore del Premio Lentini, forse è il caso di leggere i nomi di
alcune personalità che a vario titolo vi collaborarono: Leonardo
Sciascia, Giuseppe fava, Giorgio Caproni, Giuseppe Ravegnani, Mario
Farinella, Irene Reitano Maugeri, Marino Moretti, Giuseppe Villaroel,
Mario Gori, Arnaldo Frateili, leone Piccioni, Eligio Possenti, Ugo
Reale, Giovanni Titta Rosa, Fiore Torrisi, Leonida Repaci, Enzo Maganuco,
Mario Piazza, Bonaventura Pistorio... Tra i premiati Alberto
Bevilacqua, Emanuele Mandarà, John Rudolph Wilcock, Giuseppe Addamo,
Massimo Grillandi, Franco Costabile, Enzo Leopardi, per la poesia; Paolo
mesiina, Antonio Greppi, Turi Vasile per il teatro; Carmelo Cappello,
Giuseppe Villaroel per la sicilianità; Enea Ferrante, Giuseppe La Pira
per il giornalismo. Nel 1968 "Dio gli disegnò un piccolo, dolorosissimo
fiore sulla punta del cuore e gli fece cadere il cielo dagli occhi
ancora ansiosi di bene e di orizzonti" (ancora Mario Gori). Anche il
Premio Lentini cessò di vivere. Nel mese di giugno 2001 si è tenuta la
prima edizione del premio Nazionale di teatro, Narrativa e Poesia "Terre
d'Arance", le cui premiazioni si sono svolte, rispettivamente a
Francofonte, Carlentini e Lentini. Gli organizzatori hanno voluto
rendere omaggio a Carlo lo Presti intestando a lui il Premio Teatro
Città di Francofonte. A lui sono intestati anche il Teatro Odeon e una
via di Lentini. (Guglielmo Tocco-Agosto 2001)